martedì 7 giugno 2016

Visa...approved!

E dopo qualche tempo vi annuncio che S. ha il Visto approvato!
Lei aveva richiesto un E2 Visa e ha ottenuto un E1 Visa...una grande sorpresa.

Le sue parole fanno trasparire una grande emozione accumulata da mesi anzi, anni!
S. mi scrive di getto subito dopo l'approvazione.
Sono davvero contenta per lei perche per mesi ci siamo scritte e scambiate idee.
A dirvi la verita, non credevo ce la facesse principalmente perche il suo investimento iniziale era zero.
Purtroppo io non conoscevo bene i parametri del visto E1, a questo punto sono felice di pubblicare la storia dell'approvazione.


Rieccomi per raccontarvi il seguito della mia storia. 

Siamo ad aprile 2016 e la procedura ha preso una piega imprevista… 
Ma andiamo per ordine! 

L’11 dicembre 2015 ho inoltrato la richiesta di visto E-2 allegando una marea di documentazione e ho pazientemente aspettato i “minimo 35 giorni lavorativi” che ci vogliono per ottenere una risposta (a cui si aggiungevano le pause natalizie e di inizio anno nuovo). 
Ebbene, i primi di febbraio ricevo un’e-mail in cui mi si dice che la procedura nel frattempo (a gennaio!) è cambiata e che devo rinviare l’e-mail e la documentazione (tra cui anche documenti aggiuntivi) seguendo un preciso metodo e ordine indicato sul sito USCIS. L’ho fatto ma, nonostante le mie rimostranze, l’attesa è ripartita da capo! Altri 35 giorni lavorativi…! 

Finalmente, il 22 marzo 2016, ho ricevuto la tanto attesa e-mail di convocazione presso l’Ambasciata di Roma per il colloquio… Un turbinio di emozioni indescrivibile!!! 
Quella, la fatidica “interview”, sarebbe stata l’ultimo passo verso il visto… sempre che lo avessi ottenuto. Prenoto la data del colloquio alle 15:00 di lunedì 18 aprile. Inutile dire che, più si avvicinava questa data, più l’emozione e l’ansia crescevano… Mi daranno il visto? Me lo negheranno? Mi faranno domande a trabocchetto per cercare di non darmelo? Aiutooo… 

Il 18 aprile prendiamo (S. e marito) l’aereo da Malpensa e atterriamo a Fiumicino. Ci rechiamo direttamente in Via Veneto, dove facciamo appena in tempo a mangiare un boccone a qualche decina di metri dall’Ambasciata, e poi entriamo. Dopo un’attesa al cardiopalma di circa mezzora, durante la quale abbiamo assistito ad almeno tre dinieghi (il che aumentava la mia ansia), tocca a noi. 
Siamo gli ultimi. La funzionaria, tra l’altro, è piuttosto irritata perché un signore prima di noi ha fatto parecchie storie quando lei gli ha negato il visto, adirandosi e protestando… E se conoscete un po’ gli americani, soprattutto quando ricoprono una carica di autorità, sapete che questo “non s’ha da fa’”!!!
Insomma, arriviamo noi e la funzionaria è visibilmente irritata nonché forse anche stanca, dato che era a fine giornata lavorativa. Ci prende le impronte digitali e “liquida” mio marito, dato che la “main applicant” ero io. Rimango sola allo “sportello”: siamo solo io e lei. La funzionaria parte con una serie di domande a raffica a cui però non mi dava nemmeno il tempo di rispondere! Non era ben predisposta. Io cerco di rimanere calma… 
Premetto che io ho fatto richiesta del visto E-2 senza avere investito nulla perché noi possediamo già tutto quello che ci serve per cominciare a lavorare fin da subito, e inoltre avevo letto che, se non si sono già fatti investimenti, bisogna essere in procinto di farli: i nostri investimenti sarebbero partiti una volta messo piede negli USA, acquistando auto, telefoni, ulteriori apparecchiature per lavorare, mobili da ufficio ecc. Niente, la funzionaria continua a dirmi che per ottenere quel visto bisogna già avere investito e/o avere già dei dipendenti o dei collaboratori che lavorano per te negli USA. 

Il visto E-2 mi viene negato. 

Non sto a descrivere come mi sentivo perché non ci riuscirei… Mi stava crollando il mondo addosso. Anni di sogni e speranze, tentativi, informazioni, consulenze… Non può essere. Mentre, estremamente delusa e abbattuta, risistemo i documenti nella mia cartelletta, dico che speravo che il fatto di lavorare a tempo pieno da tre anni e mezzo per una grande organizzazione americana potesse rappresentare un punto a mio favore… 
La funzionaria vuole saperne di più (anche se il tutto era scritto sia nel Business Plan che nella lettera di presentazione… ma li leggono prima di fare il colloquio alla gente? Boh…). Le spiego cosa faccio, da quanto tempo, quanto guadagno… Il tutto sempre rimanendo calma, gentile e rispettosa. La funzionaria comincia a cambiare atteggiamento nei miei confronti. Si fa due calcoli mentali per capire il mio profitto annuo e mi dice che, se le dimostro che tutto quello che le ho detto è vero, potrei qualificarmi per il visto E-1, il Treaty Trader Visa! 
Si riaccende in me un barlume di speranza mentre la guardo con gli occhi sgranati… “Really?”, le dico. “Lascio il Suo caso in stand-by. Torni domani mattina e mi porti tutte le fatture che ha emesso finora a questo cliente e tutti gli estratti conto da quando lavora per questa organizzazione, che mi dimostrino i pagamenti mensili”. 
“Ehm, io ho il volo di ritorno stasera perché abito in Lombardia, e tutto questo si trova nel mio computer…”. 
"Allora torni quanto prima, possibilmente già questa settimana, così mi ricordo del Suo caso”. “Certo, va benissimo, lo farò! Cercherò di tornare entro due-tre giorni. La ringrazio moltissimo per questa opportunità!”. Ancora una volta non riesco a descrivere le emozioni che ho provato in quel momento… La delusione è stata scalzata da una nuova speranza! Se mi ha detto così, non mi farà tornare a Roma con tutti documenti che mi ha richiesto per poi negarmi anche questo visto, che lei stessa ha suggerito, no??? Riprendiamo l’aereo di ritorno. 
Il giorno dopo passo tutto il pomeriggio a stampare, stampare, stampare… Qualche centinaio di fogli, fiumi di inchiostro. Poiché la presenza di mio marito non era necessaria per il secondo colloquio in quanto le impronte ormai gliele avevano prese, e poiché la funzionaria mi ha chiesto di presentarmi al mattino, prenoto un treno Milano-Roma per l’indomani ancora, mercoledì, con l’intenzione di pernottare a Roma ed essere in Ambasciata giovedì mattina alle nove, ossia all’apertura. Così ho fatto. 
Giovedì mattina, 21 aprile, ossia tre giorni dopo il primo colloquio, sono di nuovo a Roma, di fronte alla funzionaria, che mi riconosce subito e appare rilassata e sorridente… Forse perché sono la prima e nessuno l’ha fatta stressare prima di me? Non so, però mi sembra ben predisposta. Anzi, a dire il vero dietro quel vetro erano in due: lei e un altro funzionario. 
Il mio era un caso particolare… 
Ho mostrato loro tutto quello che lei mi aveva richiesto tre giorni prima e le dico di aver portato anche ulteriori documenti, qualora potessero servire. No, vuole solo vedere fatture, estratti conto e la visura camerale dimostrante che io ho veramente una società in Italia. Il suo collega mi fa altre domande, vuole sapere cosa faccio per questo mio cliente americano, vuole capire se più del 50% del mio lavoro e delle mie entrate sono correlati a questo cliente (requisito per ottenere un visto E-1) e gli confermo che è così. 
 A un certo punto, i due chiudono il microfono e cominciano a parlottare tra loro. Io dentro di me prego. Riaprono il microfono e la funzionaria comincia a scrivere sul suo computer. Non so cosa stia scrivendo ma la prima volta non l’ha fatto, quindi la prendo per una cosa positiva. Mentre ancora sta digitando sulla sua tastiera… la sento dire: “Your visa is approved”. Per l’ennesima volta non trovo parole per descrivere le mie sensazioni… Sorrido, ringrazio, dico che lo apprezzo molto… E ancora ringrazio per avermi concesso una seconda chance. Il tutto cercando di mantenere un contegno, mentre dentro di me avrei urlato di gioia!!! 

Questo è successo solo due giorni fa, il 21 aprile 2016, e sono ancora incredula… Mi sembra di sognare… Tra qualche giorno arriveranno i passaporti col visto e forse solo allora, avendoli tra le mani, realizzerò pienamente che sì, il mio sogno americano si è finalmente avverato! Posso prenotare il biglietto aereo! Sì, ma stavolta di sola andata!!! 
Non vedo l’ora di trasferirmi sulla costa atlantica della Florida centrale e di cominciare una nuova vita. Ne ho un gran bisogno, oltre che una gran voglia! 
In bocca al lupo a chiunque stia leggendo questa mia storia, se anche voi state valutando di trasferirvi negli States!
Una sola cosa vi dico: NEVER GIVE UP ON YOUR DREAM!!!

Grazie a tutti per aver letto la storia di S., ci sentiamo presto e ricordo a chi mi vuole scrivere..e anche a chi mi vuole venire a trovare... alicecielonascosto@gmail.com

Alice

venerdì 25 marzo 2016

La voce di S.



Ciao a tutti!

Volevo condividere con voi una parte di storia di S., una tenace ragazza che ha il sogno nel cassetto: trasferirsi in Florida.
Questo articolo da lei scritto risale "ormai" all'anno scorso, ovvero a Novembre 2015.
Al momento la storia di S. ha uno sviluppo, ovvero qualche mese fa ha compilato e inviato la documentazione necessaria per richiedere un Visa E2. Good luck!
Sembra pero che i tempi si siano davvero allungati rispetto a 2 anni fa, tra il 2013 e il 2014, quando noi abbiamo avviato la ns richiesta. Qui trovate il nostro percorso e preparazione.

Sto preparando, o finendo di scrivere alcune considerazioni sulla nostra esperienza con l'avvocato dell'immigrazione...stay tuned.

Ecco qui cosa scrive S, con la speranza di avere un sequel oltre oceano!

Premetto che, mentre scrivo questa mia testimonianza, sto ancora lavorando al mio visto per potermi trasferire negli USA, un Paese che amo da sempre e dove mi sento “a casa”, nonostante non sia perfetto e abbia le sue contraddizioni… Ma d’altra parte, al cuor non si comanda! :-)

Dopo aver passato anni e anni (più di tredici) a cercare di trovare un modo legale per emigrare e a partecipare ogni anno alla DV Lottery, all’inizio di quest’anno (2015) ho consultato diversi immigration attorney della Florida, stato in cui vorrei andare a vivere, e uno di loro mi ha detto che avrei avuto delle buone possibilità di ottenere il visto L-1A, con il quale avrei potuto aprire una sede negli USA della mia ditta italiana. 
Non mi è sembrato vero! 
L’ho ingaggiato, gli ho corrisposto un anticipo pari a quasi la metà del suo compenso di $ 5.000 e ho cominciato a preparare la documentazione che lui mi ha richiesto. Dopo un paio di mesi lui mi dice che devo aprire una società negli USA e che per questo devo avvalermi di un business attorney, che dovrò pagare a parte, cosa che inizialmente non mi aveva detto. Mi mette in contatto con un business attorney che lavora presso il suo stesso studio di avvocati e mi viene consigliato di aprire una corporation anziché una LLC. La tariffa del business attorney è di $ 1.500! 
Accusato il colpaccio, pago e continuo a fornire documentazione. Passano le settimane e il mio immigration attorney non si fa sentire. Sollecito più volte un aggiornamento in merito alla pratica e lui temporeggia. Fino a quando non si fa proprio più sentire e… vengo a scoprire che nel frattempo ha smesso di lavorare per quello studio ed è come “scomparso”! Durante quel suo silenzio, peraltro, avevo cominciato a dubitare che quel visto facesse davvero al caso mio, anzi nostro, dato che sono in società con mio marito, e avevo domandato a una decina di altri avvocati che cosa ne pensassero. Tutti loro mi hanno detto che, per come è strutturata la nostra società italiana, non avremmo mai ottenuto il visto L-1A! 
Vi lascio solo immaginare il mio stato d’animo… Tanti soldi e tanto tempo sprecati (nel frattempo erano trascorsi più di sei mesi da quando avevo ingaggiato quell’avvocato), per non parlare del fatto che non avevo più davanti a me la prospettiva di potermi trasferire nella mia amata America. L’unica nota positiva è che, dopo aver contattato lo studio per cui il mio ormai ex immigration attorney lavorava e aver spiegato la situazione ai titolari, loro hanno accettato di rimborsarmi l’anticipo che io gli avevo corrisposto! Purtroppo però non si poteva fare niente riguardo al compenso del business attorney, dato che lui il suo lavoro l’aveva svolto (peccato che, mesi dopo, sono venuta a sapere che avrei fatto meglio ad aprire una LLC anziché una corporation…).

Sconforto totale. Il mio sogno sembrava svanito… Fino a quando, un paio di mesi dopo, conosco una connazionale emigrata a Orlando, Florida, un paio di anni fa e mi faccio raccontare da lei il suo percorso. Mi spiega di aver conosciuto un immigration consultant (non un avvocato, dunque, ma un consulente) che l’ha aiutata a ottenere un cambio di status da B-2 a E-2. Questa coraggiosissima italiana, infatti, aveva fatto un salto nel buio trasferendosi in Florida con marito e figlioletta con in mano un semplice B-2 (visto turistico valido sei mesi) e con l’idea di trovare poi un modo per rimanere in America. E l’ha trovato tramite questo immigration consultant che, avendo lei deciso di rilevare una piccola trattoria senza neanche spendere chissà quale cifra, le ha fatto fare il cambio di status e ottenere il visto E-2. Riprendo a sperare, contatto anche io l’immigration consultant, gli spiego di cosa ci occupiamo in Italia e lui mi dice che anche per noi non ci dovrebbero essere problemi. Oltretutto la sua tariffa è anche inferiore a quella di un immigration attorney ed è molto preparato, oltre al fatto di poter contare su dieci anni di esperienza e vantare più di 600 clienti soddisfatti.

Questo consulente cerca di convincermi a fare anch’io quello che hanno fatto gli altri, ossia trasferirmi negli USA col visto B-1 o B-2 e richiedere il cambio di status. Io però, per come sono fatta, preferisco tenere quello come piano di riserva (o meglio, come ultima spiaggia) e provare a richiedere il visto E-2 dall’Italia. Se fossi stata single ci avrei forse provato, ma avendo anche marito, gatto e un’attività già avviata qui in Italia, preferirei lasciare tutto e partire già con il visto E-2 in mano. Anche così, però, il mio consulente mi consiglia vivamente di richiedere comunque il visto B, per la precisione il B-1 (visto business per sei mesi), e così facciamo. Prepariamo tutta la documentazione necessaria, andiamo al Consolato USA a Milano e, nonostante la mia grande ansia nel timore che ce lo neghino, ce lo concedono senza batter ciglio. Oltretutto la validità di questo visto è di dieci anni, nel senso che può essere usato per massimo sei mesi alla volta, anche se non consecutivi, per dieci anni. Diciamo che in questo momento è già un grande sollievo il fatto di non dover più usare l’ESTA per andare negli USA ma di aver questo bel visto B-1 sul passaporto! :-)

Ebbene, come vi dicevo, in questo momento sto ancora lavorando al mio sogno: per la precisione, sto per compilare il modulo di richiesta E-2 con la speranza di essere poi convocata in Ambasciata a Roma e di ricevere questo tanto agognato visto. Speriamo bene! :-)